Riforma del Lavoro 2012: Reintegro o Indennizzo nelle Cause di Licenziamento?
La Riforma del Lavoro 2012, proposta dal Ministro del Lavoro Elsa Fornero, propone la modifica dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e comporta quindi alcune novità per quanto riguarda il licenziamento e le sue conseguenze.
Una delle principali questioni toccate dalla riforma DDL Lavoro è quella del reintegro e dell’indennizzo, a seconda della causa di licenziamento.
Il Progetto di Legge (DDL) è in fase di approvazione e ci sono state, e ci saranno ancora, modifiche e aggiustamenti prima dell’approvazione definitiva.
Una delle principali novità introdotte dalla Riforma del Lavoro e in particolare dalle modifiche proposte all’articolo 18, è quella dell’indennizzo al posto del reintegro. L’articolo 18 che disciplina i licenziamenti dei lavoratori, non prevede infatti allo stato attuale la possibilità di ottenere un indennizzo economico al posto del reintegro in azienda. Questa è quindi una delle novità che verrebbero introdotte con la riforma Fornero - Monti.
Sostanzialmente, fino ad oggi, il lavoratore poteva ottenere un indennizzo solo per sua scelta. Infatti, nel caso in cui il Giudice avesse deciso il reintegro in azienda per illegittimità del licenziamento, il lavoratore poteva optare per l’indennità economica al posto del reintegro, in modo da “monetizzare” la sua uscita dall’azienda. Con la riforma, invece, spetta al Giudice la scelta tra indennizzo e reintegro.
L’indennizzo che spetta al lavoratore, in alternativa al reintegro nel posto di lavoro, è variabile e va da un minimo di 12 mensilità ad un massimo di 24. Nella prima versione del DDL sulla riforma del mercato del lavoro del Governo Monti, l’indennità variava invece tra le 15 e le 27 mensilità. Nella determinazione dell’indennizzo che il datore deve corrispondere al lavoratore vengono tenuti in considerazione anche vari elementi, come il fatto che il lavoratore abbia cercato una nuova occupazione e il comportamento tenuto dalle parti durante il procedimento di conciliazione.
Altra ipotesi in cui il Giudice può decidere per l’indennizzo è quello dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (i così detti “licenziamenti economici”). Infatti quando il Giudice riscontare che “non ricorrono gli estremi del giustificato motivo” ma non è presente la “manifesta insussistenza”, può decidere per l’indennizzo economico (12 - 24 mensilità).
Nel caso di licenziamenti discriminatori, cioè quelli per fede religiosa o politica, per attività sindacale o in concomitanza di gravidanza o matrimonio, il datore di lavoro deve reintegrare il lavoratore e corrispondergli un’indennità. Il dipendente ha comunque facoltà di rinunciare al reintegro in azienda e optare per la risoluzione del rapporto di lavoro e pagamento dell’indennità.
In taluni casi la disciplina, a seconda delle diverse tipologie di licenziamento, non è ancora chiara e spetterà ai giudice interpretare nel modo corretto i nuovi concetti (esempio se il licenziamento economico è “insussistente” o “manifestamente infondato”, oppure se nei licenziamenti disciplinari il fatto “è accaduto ma non sanzionabile con altro provvedimento disciplinare” oppure “non è stato commesso”).
[Articolo aggiornato al 10/04/2012]
Una delle principali questioni toccate dalla riforma DDL Lavoro è quella del reintegro e dell’indennizzo, a seconda della causa di licenziamento.
Il Progetto di Legge (DDL) è in fase di approvazione e ci sono state, e ci saranno ancora, modifiche e aggiustamenti prima dell’approvazione definitiva.
Una delle principali novità introdotte dalla Riforma del Lavoro e in particolare dalle modifiche proposte all’articolo 18, è quella dell’indennizzo al posto del reintegro. L’articolo 18 che disciplina i licenziamenti dei lavoratori, non prevede infatti allo stato attuale la possibilità di ottenere un indennizzo economico al posto del reintegro in azienda. Questa è quindi una delle novità che verrebbero introdotte con la riforma Fornero - Monti.
Sostanzialmente, fino ad oggi, il lavoratore poteva ottenere un indennizzo solo per sua scelta. Infatti, nel caso in cui il Giudice avesse deciso il reintegro in azienda per illegittimità del licenziamento, il lavoratore poteva optare per l’indennità economica al posto del reintegro, in modo da “monetizzare” la sua uscita dall’azienda. Con la riforma, invece, spetta al Giudice la scelta tra indennizzo e reintegro.
L’indennizzo che spetta al lavoratore, in alternativa al reintegro nel posto di lavoro, è variabile e va da un minimo di 12 mensilità ad un massimo di 24. Nella prima versione del DDL sulla riforma del mercato del lavoro del Governo Monti, l’indennità variava invece tra le 15 e le 27 mensilità. Nella determinazione dell’indennizzo che il datore deve corrispondere al lavoratore vengono tenuti in considerazione anche vari elementi, come il fatto che il lavoratore abbia cercato una nuova occupazione e il comportamento tenuto dalle parti durante il procedimento di conciliazione.
Causa di Licenziamento: Reintegro o Indennizzo?
Una prima possibilità riguarda i licenziamenti disciplinari, cioè il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Nel caso di licenziamento disciplinare illegittimo (cioè quando “non ricorrono gli estremi per il giustificato motivo soggettivo o per la giusta causa di licenziamento addotti dal datore di lavoro, perché il fatto contestato non sussiste o perché il lavoratore non ha commesso il fatto oppure perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa”), il Giudice deve annullare il licenziamento del dipendente e ordinare il reintegro. Ma negli altri casi in cui il Giudice accerta che non sussistono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, può decidere di dichiarare risolto il contratto di lavoro ma obbligare l’azienda a pagare al lavoratore un indennizzo di importo variabile e compreso tra le 12 e le 24 mensilità.Altra ipotesi in cui il Giudice può decidere per l’indennizzo è quello dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (i così detti “licenziamenti economici”). Infatti quando il Giudice riscontare che “non ricorrono gli estremi del giustificato motivo” ma non è presente la “manifesta insussistenza”, può decidere per l’indennizzo economico (12 - 24 mensilità).
Nel caso di licenziamenti discriminatori, cioè quelli per fede religiosa o politica, per attività sindacale o in concomitanza di gravidanza o matrimonio, il datore di lavoro deve reintegrare il lavoratore e corrispondergli un’indennità. Il dipendente ha comunque facoltà di rinunciare al reintegro in azienda e optare per la risoluzione del rapporto di lavoro e pagamento dell’indennità.
In taluni casi la disciplina, a seconda delle diverse tipologie di licenziamento, non è ancora chiara e spetterà ai giudice interpretare nel modo corretto i nuovi concetti (esempio se il licenziamento economico è “insussistente” o “manifestamente infondato”, oppure se nei licenziamenti disciplinari il fatto “è accaduto ma non sanzionabile con altro provvedimento disciplinare” oppure “non è stato commesso”).
[Articolo aggiornato al 10/04/2012]
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